Filosofia e business: un connubio che funziona.

INTERVISTA CON IL FILOSOFO KRISHNA DEL TOSO

Nell’intervista di oggi incontriamo l’amico Krishna Del Toso, filosofo e project manager dei Web-lab  on-line per la nuova imprenditoria. Con lui parliamo di filosofia. E di crescita personale e professionale.

 

Immagine Filosofo

 

Krishna, partiamo dall’inizio. Quando ti presenti, ti definisci filosofo aggiungendo subito dopo “si può dire?”. Come mai?

Devi sapere che ho molto pudore nel definirmi filosofo. È vero che ho un dottorato in filosofia, ma da qui a essere un filosofo ne passa. È anche vero che nel corso degli anni ho maturato una mia visione delle cose, raffinato alcune prospettive e approfondito diversi aspetti della teoria e della pratica filosofica, che è quello che di solito fanno i filosofi, ma neppure questo basta a essere un filosofo.

Tuttavia, siccome da sempre sento tantissime persone dirmi di sé: “sai, anch’io sono un po’ filosofo”, sebbene non abbiano mai preso in mano neppure un bignami di filosofia, allora con spirito assai ironico ho iniziato a definirmi “filosofo” (ma solo sui social), aggiungendo “si può dire?”, che è una battuta di spirito dedicata a tutti coloro che usano piuttosto inconsapevolmente la parola “filosofia” (e che, beninteso, per questo mi fanno molta simpatia).

 

Cos’è secondo te la filosofia e come può aiutare nella vita di tutti i giorni?

Vorrei anzitutto dire che la filosofia è una disciplina complessa che per essere compresa necessita di molta dedizione e fatica. Non saprei darti una definizione universale della filosofia, a meno di non scadere nell’usuale “amore per il sapere”, che però resta una definizione limitante poiché il portato della filosofia è sempre stato molto più ampio, coinvolgendo, oltre al sapere, anche l’agire: pensiamo ad esempio all’etica e alla morale, per non parlare dell’economia, della sociologia, della psicologia e tutte la altre discipline che sono nate per gemmazione dalla filosofia.

Posso invece dirti cos’è la filosofia per me, e lo faccio con un’immagine. La filosofia è la mia fidanzata (e dico fidanzata solo perché non sono sposato e non so cosa significhi avere una moglie… ma se fossi sposato probabilmente direi che la filosofia è mia moglie). A dire il vero è la fidanzata che al momento è durata di più di tutte le altre, poiché stiamo assieme oramai da almeno 25 anni. Con lei mi confido, mi confronto, litigo, mi arrabbio, faccio pace, esco a cena, vado in vacanza, dormo, faccio l’amore, mi rilasso, spesso anche lavoro… insomma, tutte le cose che si fanno con una fidanzata. In una parola, io e la filosofia cresciamo assieme ed è così che la filosofia può aiutare ogni giorno chiunque voglia conoscerla meglio.

 

Pensando alle parole filosofia e business nella stessa frase, a molti viene in mente l’amministratore delegato di FCA Sergio Marchionne (venuto purtroppo a mancare proprio in queste ore). Come vedi tu il legame possibile tra filosofia e business?

Il legame tra filosofia e business è a mio avviso solidissimo. Naturalmente per mettere in piedi un business che funzioni non basta solo la filosofia, e Marchionne ce lo ha dimostrato bene. Quello che la filosofia può fare di essenziale per un business, però, è aiutare a definire metodologie e strategie appropriate, allargando o cambiando le prospettive e traendo regole generali dai singoli casi particolari. La filosofia, poi, è talmente malleabile che, se mettiamo il naso appena un po’ fuori dal nozionismo libresco, scopriamo che la si può adattare a mille situazioni diverse.

Ad esempio, leggiamo Epicuro e scopriamo un metodo per definire le priorità nelle fasi di realizzazione e sviluppo di un’idea. Hegel invece ci può aiutare a capire perché dobbiamo individuare e valorizzare il vantaggio competitivo della nostra attività. Da Bentham ricaviamo un buon orientamento per definire gli obiettivi generali della nostra idea. Occam invece ci sollecita a realizzare il nostro business nel modo più semplice e lineare possibile e così via. Per dirla in due parole, la filosofia ci porta a sviluppare in maniera strutturata due aspetti importantissimi per ogni attività imprenditoriale: osservazione di quello che ci circonda e prospettiva su quello che ancora non c’è.

 

Immagine filosofia

 

Il tuo recente lavoro in lingua inglese Philosophy for business ideas parla proprio di questo,  di come la filosofia possa fornire strumenti concreti per il business. Chi avevi in mente quando lo hai scritto? Chi sono quindi i tuoi lettori ideali?

Ti confesso che quando l’ho scritto avevo in mente anzitutto me stesso. Era da molto tempo che desideravo mettere insieme le due cose che faccio, la filosofia da un lato e, con il collega Livio Vivanet, gli affiancamenti strategici agli aspiranti e nuovi imprenditori dall’altro. Quindi quel lavoro è stato un regalo che mi sono concesso.

La versione inglese riprende e amplia alcuni post che ho scritto in italiano sul mio blog LEAN & BLUE nella rubrica “Filosofia e nuova impresa”, e che avevo deciso di pubblicare avendo in mente un pubblico ben specifico, ovvero tutti coloro che, per una ragione o l’altra, vogliono iniziare la propria avventura imprenditoriale. Per esperienza so che quando si avvia un’attività o la si vuole rinnovare o ampliare, oltre che al sostegno di un commercialista e alla ricerca di un finanziamento, è forse ancor più importante avere un orientamento sicuro su come e perché fare o non fare certe cose, onde evitare passi falsi o procedere senza una strategia chiara, che ci porta inevitabilmente a perdere tempo, soldi e risorse. Ecco, nel mio libro uso la filosofia come se fosse uno strumento, un martello o un cacciavite, utile per assemblare, cambiare o aggiustare gli ingranaggi strategici del motore di un’idea di business.

 

Nel tuo libro proponi dieci strategie partendo dall’opera di dieci diversi filosofi. Scegli tre di queste strategie che vuoi condividere. La prima.

Alcuni dei filosofi citati nel libro li ho già menzionati prima. Ma qui per rispondere alla tua domanda ti parlerei per prima cosa di Karl Popper e del suo principio di falsificabilità, che ho discusso proprio nel primo capitolo per mettere in luce perché è più importante individuare anzitutto gli aspetti critici, problematici, deboli o incongruenti di un’idea di business anziché, come spesso vedo fare, concentrarci sulla verifica degli aspetti che già sappiamo o immaginiamo essere validi. Falsificare la nostra idea significa scovare le criticità mediante una sperimentazione mirata, che ci porti a capire qual è e dove sta il problema. E quando capiamo qual è e dove sta il problema, abbiamo in mano gli elementi essenziali non solo per iniziare a risolverlo, ma anche e di conseguenza per procedere con più sicurezza nella realizzazione della nostra idea.

A scanso di equivoci, vorrei rassicurare tutti sul fatto che tutte le idee di business hanno aspetti critici che vanno trovati e risolti. Pertanto, quando sento qualcuno, o che mi dice che la sua idea non ha criticità, o che non è disposto ad ammettere che ne possa avere, già questo è un enorme problema per la realizzazione dell’idea, ossia la scarsa visione del suo ideatore.

 

Qual è il prossimo filosofo (e la relativa strategia) che vuoi citare? 

La seconda strategia di cui ti parlo l’ho tratta da due filosofi, Russell e Whitehead, che hanno scritto a quattro mani un volume ponderoso dal titolo Principia Mathematica. In questo libro, tra molte altre cose, enunciano la teoria dei tipi logici, che ci aiuta a orientarci strategicamente quando dobbiamo risolvere dei problemi. Questa teoria dice: “qualsiasi cosa presupponga i componenti di un certo gruppo non deve essere un componente di quel gruppo”. Ovvero, ad esempio, se consideriamo il gruppo bouquet, i cui componenti sono, diciamo, 15 fiori diversi, la teoria ci dice che il bouquet non può essere esso stesso un componente del gruppo. In altre parole, il bouquet non può essere un fiore che appartiene al gruppo bouquet.

Avere bene a mente questa distinzione è essenziale nel problem-solving perché ci fa capire che gli elementi che costituiscono un problema stanno su un livello logico diverso dal livello del problema, come i fiori e il bouquet. La soluzione al problema si troverà allora non al livello dei suoi singoli elementi, ma innalzando la visione al livello del problema stesso. È come quando si cerca di uscire da un labirinto: è più facile trovare la strada allargando la prospettiva e guardando il labirinto dall’alto, come avviene in certi giochi enigmistici (diciamo che questo è il livello del problema), piuttosto che da dentro le singole stradine e vicoli ciechi (che rappresentano in questa metafora i componenti del problema).

 

E infine la terza strategia.

La terza strategia la prendo in prestito da Seneca, che parla di tempo e di fortuna. Seneca ci dice due cose importanti. La prima è che tutti noi abbiamo una quantità di tempo ben precisa, destinata a esaurirsi. La seconda è che dovremmo concentrare i nostri sforzi sulle cose che dipendono direttamente da noi, evitando di disperdere energie per cercare di controllare gli eventi fortuiti che, per definizione, succedono senza che li possiamo pilotare, benché li si possa, anzi debba, in certa parte prevedere.

Questi due pensieri ci aiutano a chiarire due aspetti importanti della gestione di un’idea di business, legati tra loro. Anzitutto l’uso del tempo: se abbiamo un tempo limitato, dobbiamo cercare di non sprecarlo, e nelle fasi di realizzazione e sviluppo di un’idea sprecare tempo significa anche sprecare soldi. Detta così, sembra una banalità, ma banalità non è perché per non sprecare tempo è necessario avere una visione strategica di utilizzo delle risorse a disposizione: come usare i fondi, quali obiettivi scegliere, perché scegliere certi obiettivi piuttosto che altri e così via. Inoltre, in questo processo di gestione è indispensabile essere consapevoli che il maggiore effetto lo si ottiene intervenendo sugli aspetti sui quali possiamo influire direttamente. Devo concentrarmi su quello che posso fare io per raggiungere il mio obiettivo, preparandomi al contempo a parare i tiri mancini della cattiva sorte. Un esempio semplice: se ho un orto e so che potrebbe grandinare e quindi potrei perdere il raccolto, la cosa più efficace che posso fare non è cercare di impedire che grandini, ma mettere la rete antigrandine. Ecco, ci sono casi di aspiranti imprenditori che, per restare nella metafora, o si fanno cogliere impreparati dalla grandine oppure cercano di fermarla con le mani e finiscono così per avere il raccolto rovinato o non avere alcun raccolto.

 

Dalle tue parole è chiaro che filosofia e business possono creare una sinergia efficace forse oggi non ancora pienamente riconosciuta.  Ecco allora il quesito conclusivo:  come vedi il futuro del binomio filosofia-business?

Permettimi di immaginare un mondo ideale. Mi piacerebbe che ci fossero insegnamenti di filosofia in ogni business school. Ovviamente insegnamenti mirati e pensati ad hoc. E in taluni casi già lo fanno, però non in tutti e non sempre la qualità è adeguata. Ma non solo, ciò che è a mio avviso ancora più importante al fine di arrivare a un risultato convincente è formare i filosofi alle logiche del business. E questo davvero non esiste o, almeno, non mi è mai capitato di sapere di facoltà di filosofia nelle quali si tengano corsi di filosofia per il business, né corsi di business per filosofi. Ti confesso che ho scritto Philosophy for business ideas proprio con questa visione in mente, ossia iniziare a creare uno spazio sperimentale di osmosi tra i due contesti. E la cosa è piaciuta talmente che, sollecitato da più persone, soprattutto professionisti, attualmente sto curando l’edizione italiana del libro, riveduta e ampliata. Il che peraltro evidenzia un sentito interesse verso un’apertura del business alla filosofia.

Dunque riassumendo, la big picture che vedo è intersecare filosofia e strategie per il business a livello accademico e di scuole di specializzazione, mentre la mia personale small picture è offrire con il mio libro un esempio, piccolo ma concreto, di una possibile via di applicazione della filosofia al business. Sono curioso di vedere il futuro quali frutti porterà.

 

 

Per approfondire gli argomenti proposti da Krishna vi rimando al suo blog: come il suo libro, assolutamente da leggere!

https://krishnadeltoso.wordpress.com/

4 pensieri su “Filosofia e business: un connubio che funziona.”

  1. Ringrazio per aver avuto l’opportunità di leggere questo articolo.
    Lo trovo assai interessante!!!
    Condivido l’utilità di beneficiare del pensiero dei grandi Filosofi per procedere nella propria Vita. Penso che la Filosofia – la mia Professoressa delle Magistrali, ora in Cielo, la definiva “… l’eterna aspirazione dell’Uomo a conoscere…” – possa essere davvero di prezioso ausilio concreto nella nostra quotidianità pratica, oltre che nella nostra ricerca interiore (non dimentico Xavier Zubiri, studiato all’Università, con le sue riflessioni in merito ai “modi di stare nella realtà” ereditati geneticamente dai propri Genitori).
    Ancora, GRAZIE!
    Flavia

  2. Grazie, molto interessante sopratutto il principio di falsificabilità di Karl Popper. Mi occupo di marketing e spesso ascolto imprenditori che non rilevano concorrenti diretti alla loro idea imprenditoriale o la raccontano senza aver rilevato precise criticità, aspetti problematici, deboli. Così spesso il primo intervento è di riportarli “a terra”.

    1. Grazie Nicola, in effetti spesso si è troppo innamorati della propria idea imprenditoriale per vederne i possibili punti deboli…

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