La mente che vaga è felice?

Quanto siamo felici quando ripensiamo al passato, quando immaginiamo il futuro… mentre stiamo facendo qualcosa?

In questo post parliamo della nostra umana tendenza a pensare ad altro, raccontando una ricerca pubblicata su Science nel 2010 che si è occupata proprio di questo con un campione molto ampio.

Matthew Killingsworth e Daniel T. Gilbert dell’Università di Harvard hanno voluto studiare il legame tra mind wandering e felicità. Che cos’è il mind wandering? Il Cambridge Dictionary riporta per il verbo to wander la definizione “andare in giro in modo rilassato o senza un preciso scopo o una specifica direzione”.

Vagabondare è quindi un’attività che la nostra mente svolge molto spesso (e tutti lo sperimentiamo ogni giorno). Stiamo facendo qualcosa e la nostra mente comincia a bighellonare qua e là (pensiamo alla cena con gli amici della sera prima, all’appuntamento che abbiamo domani pomeriggio e così via).

Come hanno fatto i ricercatori ad analizzare il legame tra (in)felicità e mente vagabonda? Lo strumento utilizzato è stata una app per iPhone che che fornito un’ampia base dati da analizzare. Killingsworth e Gilbert hanno selezionato 2.500 persone tra coloro che hanno utilizzato l’applicazione (età media 34 anni, cittadinanza per ¾ statunitense) e analizzato le loro risposte.

Le domande, poste tramite la app ad intervalli casuali, erano le seguenti:

  1. Come ti senti adesso da 0 a 100? 0 molto male – 100 molto bene
  2. Cosa stai facendo in questo momento? Erano previste 22 diverse attività (lavarsi, mangiare, guardare la TV, ecc.)
  3. Stai pensando a qualcosa di diverso da ciò che stai facendo? Le possibili risposte a questa domanda erano:
    1. No
    1. Sì, qualcosa di piacevole
    1. Sì, qualcosa di neutro
    1. Sì, qualcosa di spiacevole

Quali sono stati allora i risultati della ricerca?

Come prima cosa possiamo segnalare il fatto che i dati hanno mostrato che il 47% del tempo lo passiamo pensando a qualcosa di diverso da ciò che stiamo facendo. E già questo è un dato molto interessante che ci dice quanto la nostra mente sia abituata a vagabondare (NOTA: naturalmente la capacità di pensare ad altro rispetto alla situazione contigente è una grande risorsa che ha la specie umana e che le ha permesso, tra le altre cose, di raggiungere livelli di evoluzione tecnologica straordinari).

Altro dato interessante è la classifica delle 22 attività considerate nella ricerca. L’attività con il tasso più alto di mind wandering è risultata la cura di sé (farsi la doccia, lavarsi i denti, ecc.) mentre in fondo alla classifica (in positivo 😀) ci sono i rapporti sessuali.

Quello che si è notato incrociando i dati delle risposte alle diverse domande è che il tasso più alto di felicità è stato riscontrato nella condizione di assenza di mind wandering, dunque quando le persone erano focalizzate sul compito. E, in apparenza curiosamente, ciò restava vero anche quando erano focalizzate su attività non piacevoli.

Inoltre gli autori precisano nella ricerca che, per quanto certo una attività di mind wandering possa essere innescata da un momento di infelicità è decisamente prevalente l’opposto, ossia il mind wandering come causa di infelicità.

Cosa ci insegna in conclusione questa ricerca? Che la felicità sta soprattutto nel vivere appieno il momento presente (quello che in psicologia è chiamato “qui e ora”).

Immagine rappresentativa della concentrazione sul presente

Farlo non è però una faccenda scontata e banale. Tutt’altro. Significa intraprendere la strada della consapevolezza o, se preferite, della mindfulness.

Ma di questo parleremo prossimamente sul blog.

Intanto, buona permanenza nel momento presente! 😉

PS: vi segnalo che c’è anche un interessante video in inglese (TED Talk) con sottotitoli in italiano in cui Killingsworth racconta la ricerca. Lo trovate qui: https://youtu.be/Qy5A8dVYU3k

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